“Un vincitore vale quanto un vinto” è una frase di una celebre canzone di Lucio Dalla, che il grande cantautore bolognese ama citare, sia perché non l’ha scritta lui, sia perché sintetizza in modo mirabile che senza gli sconfitti non ci sarebbero i campioni.
C’è invece tutto Ferruccio Cainero nel brillante spettacolo “Forza e coraggio, che il calcio è di passaggio”, andato in scena per la prima volta lo scorso 30 maggio a Locarno, interpretato con passione dalla brava Alessandra Arlotti. Chi conosce bene l’attore e autore friulano ( ma anche un po’ svizzero e, per propria ammissione, forse tedesco) ritroverà in questo spettacolo tempi, modalità e temi a lui cari. Per poter dire liberamente tutto il bene e tutto il male possibile del calcio, senza tenere una conferenza, ma con un monologo che fosse allo stesso tempo divertente ed appassionante, l’autore si è inventato una specie di madre coraggio del calcio.
Questa donna segue il campionato vendendo birre e panini fuori dagli stadi. Lo fa per antica tradizione di famiglia. Quindi lei è una che “pane e calcio”, ma in gioventù aveva sposato uno studente, un sessantottino, tutto rivoluzioni, che considerava il calcio l’oppio dei popoli. Ecco quindi che la sanguigna, popolare Coraggio ha assorbito, a modo suo, dal marito, una capacità di guardare alle cose della vita in modo critico e di svelare i sottili ma profondi legami che collegano tutto quello che accade in questo nostro mondo.
Da tutto ciò nascono divertenti percorsi che portano dal calcio alle reliquie, dalle reliquie alle armi di distruzioni di massa di Saddam Hussein, perché “tutto si tiene a sto mondo solo che noi non ce ne accorgiamo” (diceva il marito).
Come per tutti gli spettacoli di Ferruccio Cainero, si tratta di un testo profondamente religioso, se religione viene da relegare, cioè “ rilegare, tenere insieme, raccogliere”, cercare di dare un senso a quello che ci accade, scoprire la misteriosa trama che ricama questo nostro mondo, questa nostra esistenza. Ma è soprattutto un testo maturo e completo, frutto anche di una notevole ricerca d’archivio, da cui si apprende per esempio che la prima squadra di calcio veramente famosa fu una squadra femminile, le Dick, Kerr’s Ladies ( operaie della fabbrica di macchine e munizioni
Dick, Kerr and company, nell’Inghilterra del primo dopoguerra). Molte delle battute sono giocate su diverse personalità calcistiche (come Maradona, Beckham o Weah), il che rende ulteriormente onore all’autore, dato il suo notorio disinteresse per questo sport.
Insomma, si ride e si riflette, come sempre dovrebbe essere. Del resto ( per dirla con Ferruccio) il teatro è un rito, una celebrazione profana e l’attore il sacerdote; in questo caso una sacerdotessa, la talentuosa Alessandra Arlotti (formatasi alla “bottega” di Gassman e con diverse esperienze teatrali accanto a nomi come Turi Ferro e Leo De Berardinis), che dosa con bravura momenti comici ( talvolta accompagnati da un’eloquente gestualità) e incisi drammatici (nei quali, per sua stessa ammissione, si sente particolarmente a proprio agio).
“Promettono mari e monti, ma ormai i mari sono inquinati e sui monti si sciolgono i ghiacciai. Quand’ero giovane io e mio marito speravamo in un mondo migliore per tutti, adesso sono ridotta a sperare in un mondo migliore per me. Del resto cosa può fare una madre? Sperare. Uno su mille ce la fa, magari mio figlio diventa un campione”.
Se il metro di giudizio dell’uomo comune è la capacità di giocare in serie A, Ferruccio Cainero è un fuoriclasse di un’altra epoca e Alessandra Arlotti un bel prodotto del vivaio, su cui puntare per andare in Champions League.
VIENE REPLICATO GIOVEDÌ 12 GIUGNO
ALLE ORE 20 AGLI EX BAGNI DI STABIO