Quando
posso seguo in tv gli incontri serali di calcio degli Europei, e dato
che quasi sempre posso… tifo per i più deboli e quindi ho pensato
anch’io
Hopp Schwiiz;
ma soprattutto tengo a quelli che giocano meglio e che sanno divertire
chi sta fuori dal campo di gioco. Sì, il calcio mi piace ( anche se
preferisco l’hockey); un po’ meno ciò che gli sta attorno e che
finisce con il soffocarlo, ad esempio in occasione di tornei
internazionali: olimpiadi, campionati del mondo o europei che siano.
Fastidi grassi se penso ai problemi del mondo. Ogni volta faccio in
modo di perdere gli inizi delle partite, non perché sia un
ritardatario nato ma per evitare uno di questi momenti per me
fastidiosi: l’esecuzione degli inni nazionali. Trovo che bisognerebbe
abolirli, poiché estranei allo spirito di una manifestazione che
dovrebbe essere un momento di incontro e non di scontro. C’è poi la
questione dei testi: leggerli oggi è per lo meno come vedersi offrire
in omaggio un televisore in bianco e nero o una locomotiva a vapore.
L’inno nazionale è un elemento di aggregazione nazionale, quindi
datato storicamente, rivolto ai cittadini dei singoli paesi per
esaltare aspirazioni e ambizioni al fine di promuovere la coesione
interna; spesso in contrapposizione con gli stessi sentimenti dei
vicini. Si parla del fenomeno detto “ nazionalismo”. Un campionato
europeo dovrebbe invece essere un momento di divertimento, dove
prevale l’amicizia, la solidarietà e il rispetto dell’altro,
all’insegna del
fair play;
non un campo di battaglia per opposti nazionalismi e nemmeno, già che ci siamo, un palcoscenico mediatico per fare
business
a tutti i livelli. Di qui la contraddizione di fondo e dunque il mio fastidio.
Ho fatto una breve ricerca sulle parole che i giocatori (e i tifosi)
cantano a squarciagola, mettendo una mano sul cuore (e sulla marca
della ditta che li sponsorizza): si impara qualcosa di storia europea
d’accordo, ma anche si capisce perché quei giocatori sembrano spesso in
procinto di partire per una battaglia invece che prepararsi a giocare
una partita di calcio. Qualche passaggio, partendo dal nostro Salmo:
Quando bionda aurora il mattin c’indora L’alma mia t’adora re
del ciel! Quando l’alpe già rosseggia A pregare allor t’atteggia; in
favor del patrio suol, cittadino Dio lo vuol…
Fin qui il testo lo conosciamo tutti; in italiano. Il fatto è che
sul campo di Basilea il pubblico lo cantava in un’altra lingua, come
pure i giocatori, ognuno nella sua. Un minestrone idiomatico insomma,
a tal punto che un agnostico straniero mi ha chiesto cosa stesse
succedendo a questi svizzeri: “
Siete sicuri che Dio sia davvero dalla vostra parte? Perché non
dalla nostra; cosa abbiamo fatto di male? E come la mettiamo con chi
non crede in questo Dio e nell’anima? E ancora: a quanti di voi è
capitato di atteggiarsi a pregare su un’alpe rosseggiante al
tramonto?”.
Non ho saputo rispondere.
La bandiera insanguinata si è innalzata Sentite nelle campagne tornare questi feroci soldati?
Essi arrivano fino alle vostre braccia Per sgozzare i vostri figli, le vostre compagne!
Alle armi, cittadini…
È un passaggio tradotto della ‘Marseillaise’. Uno la canta e se ci
crede davvero, come minimo guarderà l’avversario con occhi non proprio
amichevoli: quello viene a sgozzare i miei figli, altro che dare calci
a una palla.
Formiamo i nostri battaglioni, armiamoci di bevande
isotoniche e diamoci da fare, con le buone o con le cattive. A testate
se necessario. È in gioco l’onore nazionale ma soprattutto i singoli
contratti dei giocatori con i loro danarosi club (il che naturalmente
non è un discorso solo dei giocatori francesi).
Dov’è la vittoria?
Le porga la chioma, chè schiava di Roma Iddio la creò.
Stringiamoci a corte Siam pronti alla morte L’Italia chiamò…
Niente di nuovo insomma; lo spirito è sempre quello degli esempi citati
sopra. Perché un giocatore di calcio deve cantare di essere pronto a
morire cingendosi la testa con un elmo tipo Scipione l’africano? Ma
chi glielo chiede? Non l’allenatore che dovrebbe sostituirlo con
polemiche sulla stampa, non i compagni che dovrebbero correre anche per
lui, non la marca di scarpe da calcio che perderebbe un prezioso
testimonial. Eppure canta convinto. E con lui il pubblico sugli
spalti. Mah!
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