24.06.08 – La Regione – inno(cente) mica tanto

Quando
posso seguo in tv gli incontri serali di calcio degli Europei, e dato
che quasi sempre posso… tifo per i più deboli e quindi ho pensato
anch’io

Hopp Schwiiz;

ma soprattutto tengo a quelli che giocano meglio e che sanno diver­tire
chi sta fuori dal campo di gioco. Sì, il calcio mi piace ( anche se
preferisco l’hockey); un po’ meno ciò che gli sta attor­no e che
finisce con il soffocarlo, ad esempio in occasione di tornei
internazionali: olim­piadi, campionati del mondo o europei che siano.
Fastidi grassi se penso ai problemi del mondo. Ogni volta faccio in
modo di per­dere gli inizi delle partite, non perché sia un
ritardatario nato ma per evitare uno di que­sti momenti per me
fastidiosi: l’esecuzione degli inni nazionali. Trovo che bisognereb­be
abolirli, poiché estranei allo spirito di una manifestazione che
dovrebbe essere un momento di incontro e non di scontro. C’è poi la
questione dei testi: leggerli oggi è per lo meno come vedersi offrire
in omaggio un televisore in bianco e nero o una locomotiva a vapore.

L’inno nazionale è un elemento di aggre­gazione nazionale, quindi
datato storica­mente, rivolto ai cittadini dei singoli paesi per
esaltare aspirazioni e ambizioni al fine di promuovere la coesione
interna; spesso in contrapposizione con gli stessi sentimen­ti dei
vicini. Si parla del fenomeno detto “ nazionalismo”. Un campionato
europeo dovrebbe invece essere un momento di di­vertimento, dove
prevale l’amicizia, la soli­darietà e il rispetto dell’altro,
all’insegna del

fair play;

non un campo di battaglia per opposti nazionalismi e nemmeno, già che ci siamo, un palcoscenico mediatico per fare

business

a tutti i livelli. Di qui la contraddi­zione di fondo e dunque il mio fastidio.
Ho fatto una breve ricerca sulle parole che i giocatori (e i tifosi)
cantano a squarcia­gola, mettendo una mano sul cuore (e sulla marca
della ditta che li sponsorizza): si im­para qualcosa di storia europea
d’accordo, ma anche si capisce perché quei giocatori sembrano spesso in
procinto di partire per una battaglia invece che prepararsi a gioca­re
una partita di calcio. Qualche passaggio, partendo dal nostro Salmo:


Quando bionda aurora il mattin c’indora L’alma mia t’adora re
del ciel! Quando l’alpe già rosseggia A pregare allor t’atteggia; in
favor del patrio suol, cittadino Dio lo vuol…


Fin qui il testo lo conosciamo tutti; in ita­liano. Il fatto è che
sul campo di Basilea il pubblico lo cantava in un’altra lingua, come
pure i giocatori, ognuno nella sua. Un mine­strone idiomatico insomma,
a tal punto che un agnostico straniero mi ha chiesto cosa stesse
succedendo a questi svizzeri: “

Siete sicuri che Dio sia davvero dalla vostra parte? Perché non
dalla nostra; cosa abbiamo fatto di male? E come la mettiamo con chi
non cre­de in questo Dio e nell’anima? E ancora: a quanti di voi è
capitato di atteggiarsi a pre­gare su un’alpe rosseggiante al
tramonto?”.

Non ho saputo rispondere.


La bandiera insanguinata si è innalzata Sentite nelle campagne tornare questi feroci soldati?
Essi arrivano fino alle vostre braccia Per sgozzare i vostri figli, le vostre compagne!
Alle armi, cittadini…


È un passaggio tradotto della ‘Marseillai­se’. Uno la canta e se ci
crede davvero, come minimo guarderà l’avversario con occhi non proprio
amichevoli: quello viene a sgoz­zare i miei figli, altro che dare calci
a una palla.
Formiamo i nostri battaglioni, armiamo­ci di bevande
isotoniche e diamoci da fare, con le buone o con le cattive. A testate
se ne­cessario. È in gioco l’onore nazionale ma so­prattutto i singoli
contratti dei giocatori con i loro danarosi club (il che naturalmen­te
non è un discorso solo dei giocatori fran­cesi).


Dov’è la vittoria?
Le porga la chioma, chè schiava di Roma Iddio la creò.
Stringiamoci a corte Siam pronti alla morte L’Italia chiamò…


Niente di nuovo insomma; lo spirito è sempre quello degli esempi citati
sopra. Perché un giocatore di calcio deve cantare di essere pronto a
morire cingendosi la te­sta con un elmo tipo Scipione l’africano? Ma
chi glielo chiede? Non l’allenatore che do­vrebbe sostituirlo con
polemiche sulla stampa, non i compagni che dovrebbero correre anche per
lui, non la marca di scar­pe da calcio che perderebbe un prezioso
te­stimonial. Eppure canta convinto. E con lui il pubblico sugli
spalti. Mah!

di Marco Horat

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