23.04.2008 – Voce Libertaria – Euro 2008: Diario da un paese nel pallone

Questo articolo è l’adattamento per VL di una serie di ipertesti pubblicati sul blog controinformativo euro08.noblogs.org che vuole essere un contenitore collettivo di riflessioni, articoli di giornale, testimonianze, materiali multimediali di quanto sta accadendo e di quanto accadrà rispetto alla repressione, alla limitazione dei diritti e non solo, riguardo ai prossimi campionati europei di calcio.

Euro 2008: in vista un’ondata repressiva generale
In vista dei campionati europei di calcio che si disputeranno in Svizzera ed Austria, l’ansia che il tam tam sicuritario sta suscitando in tutto il paese ha dato i suoi primi frutti. Nonostante alcune perplessità, il parlamento cantonale ha approvato le misure contro il tifo violento previste dalla Legge federale sulla salvaguardia della sicurezza interna (LMSI) ed è già in discussione una possibile estensione di queste norme a contesti extrasportivi. Queste nuove restrizioni consentiranno alle autorità cantonali di vietare ad una persona di accedere agli stadi e ad alcuni luoghi pubblici, obbligarla a presentarsi in determinati orari al posto di polizia e, in ultima istanza, di provvedere al suo fermo preventivo. Queste misure sono fortemente arbitrarie, modificano in profondità il quadro giuridico esistente e le garanzie che ne derivano. Il referendum lanciato nell’aprile del 2006 non è riuscito a fermare questa pericolosa deriva. Con il pretesto della salvaguardia della sicurezza interna, un’ondata repressiva generale rischia di abbattersi su individui e collettività.La macchina repressiva dello Stato si è già messa in moto. In Ticino durante le giornate antimilitariste di novembre le autorità hanno apertamente mostrato il vero fine di questo nuovo strumento repressivo multiuso: la soppressione di qualsiasi forma di protesta o dissenso.

Tifosi o consumatori
Nel corso degli anni la macchina economica che è penetrata pure nel mondo dello sport ha portato le società sportive a configurarsi sempre più come vere e proprie imprese economiche. Squadre quotate in borsa, contratti miliardari con sponsor e televisioni, giocatori pagati a peso d’oro.Il business dello sport moderno sta avendo ovvie ripercussioni pure sul modo di fruire e concepire dei momenti di aggregazione come quello di andare allo stadio. Cambia anche il modo con cui le società sportive guardano al loro pubblico: non più e non solo come appassionato tifoso ma soprattutto come potenziale consumatore. Lo sport inteso quindi come fonte di guadagno, un’entità che entra a far parte a tutti gli effetti delle logiche di mercato e come tale necessita di proprie e specifiche strategie di marketing e di gestione.

Nuovi stadi, nonluoghi simbolo dello sport moderno
Tra i vari aspetti legati a questo cambiamento nella concezione dello sport, vi è pure quello logistico ed infrastrutturale. Questa nuova concezione di manifestazione sportiva ha quindi portato alla necessità di un ripensamento e di una riprogettazione dei luoghi tradizionali in cui l’evento sportivo viene fruito: lo stadio.Lo stadio da luogo di socializzazione, svago ed incontro diventa luogo di intrattenimento totale in cui la partita diventa semplicemente una delle tante attrazioni che questa infrastruttura offre e di cui lo spettatore-consumatore può usufruire. Mentre fino ad un decennio fa lo stadio veniva inteso come luogo di socializzazione, ora per manager e dirigenti la manifestazione sportiva, come qualsiasi altro soggetto economico, deve essere fruttuosa in termini monetari.

Si sente spesso dire che lo stadio ed in modo particolare le curve rappresentino un riflesso di uno spaccato di società molto importante. Ma è ancora attuale questa affermazione?Molto probabilmente sì, infatti gli aspetti che verranno presi in considerazione qui di seguito si possono ritrovare pure nel contesto più ampio della vita quotidiana di ogni persone.

La stadio costituisce quindi seguendo la definizione di mantegazza "un osservatorio sociale di grande utilità che va affrontato immergendosi al di là dei facili moralismi" e i nuovi stadi rappresentano degli spazi che Marc Augé nella sua introduzione ad un’antropologia della surmodernità difinisce come nonluoghi. "Se un luogo può definirsi identitario, relazionale, storico, uno spazio che non può definirsi né identitario, né razionale, né storico definirà un nonluogo". E ancora: "Lo spazio del nonluogo non crea quindi né identità singola, né relazione, ma solitudine e similitudine". da questa definizione molti sono gli elementi che permettono di riconoscere e definire i nuovi stadi e la relazione che i tifosi instaurano con essi come dei paradigmi dei nonluoghi della surmodernità, e queste caratteristiche sono poi facilmente traslabili ad altri spazi della vita quotidiana come le nuove piazze e i vari centri commerciali.

Stadi faraonici vs. bidonville 


Tra gli aspetti più palesi vi è sicuramente la scelta dell’ubucazione degli stadi. Non più nei centri urbani dov’erano originariamenti ubicati, ma trasferiti in periferia senza più nessun legame storico e relazionale con il territorio circostante. Emblematico è l’esempio del Sud Africa e di Città del Capo dove, in vista dei Mondiali di calcio del 2010 è in fase di progettazione la costruzione di uno stadio faraonico nella parte periferica più povera della città sudafricana dove, manco a dirlo, verrà spazzata via la più grande bidonville della metropoli. L’aspetto estetico magari ne gioverà pure, ma quale sorte toccherà alle migliaia di persone che su quel territorio, seppur in condizioni pessime e precarie, vivevano?

Tifosi burattini
Un secondo aspetto da tenere in considerazione riguarda lo stadio in sè. Da patrimonio pubblico (generalmente gestito dai comuni), i nuovi stadi stanno via via diventando di dominio privato. Grandi multinazionali, vedendo possibilità di sfruttamento a fini commerciali di questi luoghi, hanno iniziato a ristrutturare o costruire nuovi stadi il cui motto può essere racchiuso nello slogan: Komfort, Kommerz, Kontrolle. La relazione che il tifoso ha con questo nuovo tipo di stadio e con l’evento sportivo in sé cambia radicalmente. La presenza di telecamere e di regolamenti degni delle caserme dei più "efficienti" eserciti non permettono al tifoso di esprimersi liberamente (non si sta parlando di tolleranza verso manifestazioni di violenza gratuita, ma di leggi assurde come ad esempio quella che in inghilterra vieta ai tifosi di alzarsi dal proprio seggiolino durante la partita per incitare la propria squadra, oppure il divieto di portare allo stadio striscioni o bandiere che non facciano parte del marchandising ufficiale rivenduto della propria squadra del cuore). La presenza invasiva degli sponsor che in cambio del loro contributo monetario pretendono sempre più visibilità sia sugli spalti sia sui teleschermi delle reti, che a suon di miliardi si sono accapparrati i diritti televisivi, trasformano i tifosi in burattini che veicolano il loro messaggio pubblicitario. Mentre storicamente erano i tifosi ad organizzare "lo spettacolo" sugli spalti, con come unico fine quello di supportare la propria squadra del cuore, ora sono i grandi sponsor, soprattutto nelle grandi manifestazioni sportive, ad avere il monopolio delle gradinate: basti ricordare le bandierine rossocrociate con in bella mostra il nome delle aziende che le hanno sponsorizzate e che i tifosi della nazionale rossocrociata sventolano con orgoglio, non rendendosi nemmeno conto di essere sfruttati per veicolare i vari messaggi pubblicitari che le varie televisioni non mancheranno di mettere in bella mostra.

La spesa allo stadio
Vi è inoltre tutto l’aspetto commerciale: allo stadio non si va più solo a vedere la partita, ma diventa luogo dove poter fare la spesa, nutrirsi ed addirittura tagliarsi i capelli. Questo nuovo business va a sopperire la diminuzione delle entrate e dei posti disponibili, soprattutto quelli popolari dove i prezzi sono storicamente più bassi (stadi più piccoli per adeguarsi allo scenario televisivo e al tele-tifoso), e a coprire i costi di gestione di questi nuovi stadi, la cui fisionomia del nuovo tifoso, richiede alti standard di confort e servizi.Ridisegnando la struttura degli stadi e ridefinendo il rapporto con i propri spettatori (o clienti) la tendenza è quella di allontanare il tifoso attivo disaffezionandolo alla propria squadra e di trasformare lo stadio in un luogo asettico, dove gli spettatori usufruiscono passivamente del servizi offerti: finché la qualità dello spettacolo resterà alta gli spettatori affolleranno gli spalti, quando questa dovesse venir meno, allora cambieranno squadra o intrattenimento così come, in un regime di libero mercato, cambierebbero ristorante o supermercato.
Storicamente è l’organizzazione di competizioni internazionali come ad esempio gli europei di calcio a fungere da catalizzatore di tutti questi cambiamenti… benvenuto Euro08…

Emozioni sponsorizzate
Scrive il contestato sociologo francese Le Bon: "Le caratteristiche personali svaniscono nella folla, poiché essa esercita un’influenza straordinaria sugli individui da cui è formata. L’avaro diventa generoso, lo scettico un credente, l’uomo onesto un criminale, il codardo un eroe." Le persone in gruppo tendono a perdere il controllo, masse di persone ingenue ed eccitate sono facilmente manipolabili e le grandi aziende cercando di associare i loro marchi ad emozioni, per renderli indelebili nella mente dei consumatori. trovo masse di persone più ingenue e facilmente manipolabili che fra le folle di tifosi? La guerra delle aziende per accaparrarsi uno spazio di visibilità attorno al campo per ottenere che alcuni dei vostri ricordi più felici, come il gol del vostro attaccante preferito, siano indissolubilmente legati al loro logo, è in pieno svolgimento.

In questo modo il gioco del calcio diventa un semplice pretesto per dare vita ad una lunga ed articolata serie di transazioni economiche. In uno stadio moderno, diventa difficile spostare lo sguardo da qualche parte senza incappare in un logo sponsorizzato. La partita di calcio diventa un elemento superfluo in questa immensa macchina pubblicitaria, nelle “UBS Arene” messe in piedi per i prossimi campionati europei, la partita di calcio sarà un elemento secondario relegata in degli schermi televisivi che, per quanto giganti essi siano, rimangono virtuali e limitati.

Chi deciderà di recarsi allo stadio, non solo dovrà pagare un biglietto d’ingresso, ma sarà obbligato anche a prestare la sua attenzione e la sua concentrazione alla fruizione di tutta una serie di input pubblicitari. Chi organizza grandi eventi sportivi, si occupa prima di tutto di vendere l’attenzione di milioni di spettatori ad una manciata di grandi corporation, l’attenzione del singolo è resa ancora più sensibile e ricettiva dall’essere parte di una folla.

Sempre Le Bon: “Un uomo come parte di una moltitudine, è molto diverso dallo stesso uomo in quanto individuo isolato. La sua coscienza svanisce nell’incosciente personalità della massa”. Quando accettiamo di recarci a seguire un evento sportivo, sia esso un incontro dei campionati europei o la partita in trasferta della nostra squadra del cuore, dobbiamo essere coscienti di essere preda facile per chiunque voglia convincerci di qualsiasi cosa: dalla bibita da consumare, alle nuove leggi repressive da approvare. Siamo particolarmente a rischio perché la folla “spersonalizza”, affievolisce l’autocoscienza dei singoli. Fenomeni caratterizzanti della spersonalizzazione sono quelli comunemente definiti come “legge del branco”, “mentalità del gregge”, “isteria di massa”.

Ecco perché le “UBS Arene” si chiamano “UBS Arene”
Il “naming right” è una tecnica di marketing che consiste nel ribattezzare il luogo in cui si terrà un evento con il proprio marchio. È quello che ha fatto l’UBS (uno degli istituti di credito più potenti al mondo) ribattezzando i luoghi in cui saranno impiantati i grandi schermi per fruire delle partite “UBS Arene”. In questo modo ad ogni citazione dell’evento (sui media, sul materiale di presentazione, sulla stampa) verrà ribadita la sponsorizzazione e verrà ripetuto il nome della banca in questione. Ancora più utile dal punto di vista propagandistico, la possibilità di insinuarsi in milioni di conversazione spontanee, dando vita a veri e propri fenomeni di marketing virale. In questo modo anche le nostre parole vengono colonizzate dalla pubblicità.

Anche la Mc Donald’s non si tira indietro quanto si tratta di appiccicare il proprio nome da qualche parte: è per questo che ha ribattezzato i giovani appassionati che da sempre accompagnano i giocatori in campo, con il nome di “Mc Donalds Player Escort”. Nei mesi scorsi ha messo in piedi un’imponente campagna pubblicitaria per reclutare ragazzini, strumentalizzando le istintive emozioni che accompagnano l’innata tenerezza infantile per vendere panini.

Bratwurst e lavoro precario
La fantasia delle aziende nella ricerca di nuove applicazioni del lavoro precario non conosce limiti. La Bell SA, società affiliata al gruppo Coop, che nel 2006 ha avuto un ricavo netto di 1496 milioni di franchi, ed è entrata di diritto nell’immaginario carnivoro-calcistico elvetico si era già messa in evidenza per aver collaborato con l’organizzazione della marcia su Berna dell’UDC e per aver annunciato di voler denunciare le autorità bernesi per non aver difeso i suoi mezzi dai manifestanti antirazzisti, si occuperà di approvvigionare di bratwurst e pommes frites gli stomaci dilatati dalla birra dei tifosi elvetici. E per far questo ha scovato nuovi sistemi di precarizzazione del lavoro.

Il non-ruolo delle associazioni
La gestione dei lavoratori all’interno dei punti di ristoro delle arene sarà affidata ad associazioni (sportive sociali o culturali) legate al territorio in cui si trova l’arena. La Bell SA avrà quindi come interlocutore le associazioni che si occuperanno di fornire manodopera per l’evento. La retribuzione per ora di lavoro versata alle associazioni sarà di 25 fr, che decideranno poi se riversarle agli associati-lavoratori (che per contratto prestano la loro opera a titolo volontario) o se conservarli per le attività statutarie.

Apparentemente potrebbe sembrare un buon sistema di coinvolgere le realtà locali nell’organizzazione delle arene, ma invece si tratta a tutti gli effetti di un sistema per scaricare tutte le esternalità negative della questione sulle associazioni (e quindi sui lavoratori):
– Selezione del personale: viene scaricata sulle associazioni. Quest’ultime possono addirittura reclutare personale al di fuori dai propri affiliati da mandare a lavorare nelle UBS arene
– Copertura assicurativa in caso di incidente: a carico delle associazioni
– Contributi AVS: per dei meccanismi interni difficilmente un singolo "volontario" potrà ricevere più di 2’000 franchi, in modo da poter evitare di versare i contributi AVS, nel caso questo limite fosse superato è l’associazione a doversi caricare dei costi delle assicurazioni sociali
– Spese di trasferta: a carico dell’associazione o del singolo volontario
– Abiti da lavoro: la Bell mette a disposizione una maglietta sponsorizzata, i lavoratori volontari devono procurarsi a proprie spese pantaloni e calzature necessariamente nere
– Pianificazione del lavoro: si tratta a tutti gli effetti di lavoro su chiamata, la pianificazione degli orari di lavoro è svolta a cortissimo termine (in base alle condizioni metereologiche o all’affluenza prevista)

Inoltre i membri dell’associazione devono impegnarsi a dare prova di simpatia e di spirito servizievole nei confronti di tutti i visitatori delle UBS arene, con particolare riguardo per i "clienti VIP" e non possono in nessun modo promuovere e far conoscere la propria attività. Sono proibite la distribuzioni di materiale informativo, o l’indossare abiti con il logo dell’associazione o altre iniziative informative. In questo modo viene meno, per i gruppi coinvolti, la possibilità di promuovere la propria attività, segno inequivocabile del disinteresse totale degli organizzatori delle arene per la realtà associativa locale.

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