20.06.2008 – Swissinfo – Il calcio, tra nazionalismo e comunione

Il calcio tra giochi di luce, ombre e zone grigie

Il mondo del pallone oscilla paradossalmente tra sciovinismo senza freni e sogni di grande comunione planetaria. Un aspetto che il Museo di etnografia di Ginevra abborda nella sua esposizione "Fuori gioco", in margine all’Euro 08."Il calcio è al di sopra delle religioni. Tutte le religioni vi sono rappresentate", si poteva leggere l’11 gennaio 2004 nel SonntagsBlick. Parola di Joseph Blatter, patron della FIFA. John Lennon, che aveva immaginato un mondo senza religioni, si era fatto bacchettare per molto meno…

"Abbiamo molto da offrire, sia al calcio che alla pace nel mondo", ha dichiarato un giorno senza arrossire Marco Materazzi, ambasciatore dell’Organizzazione mondiale della pace… e celebre anche per le frasi rivolte a Zinédine Zidane durante la finale del Mondiale del 2006.
In una delle sale della sede di Conches del Museo di etnografia di Ginevra (MEG) sono in bella mostra alcune di queste frasi, secondo le quali lo sport e il calcio in particolare hanno una missione di pace e di unione.

Noi e gli altri
"Il processo identitario è spesso più complesso di quanto sembra a prima vista. L’appartenenza a un ‘Noi’ si costruisce sempre in rapporto a un ‘Loro’, dai quali si cerca di distanziarsi. Spesso utilizzati come segni identitari per affermare un’irriducibile differenza nei confronti del ‘vicino’ nemico, le squadre di calcio partecipano pienamente a questo processo", scrive il ricercatore Raffaele Poli nel catalogo dell’esposizione.

Il tifoso ostenta la sua adesione alla squadra che simbolicamente rappresenta la collettività alla quale pensa appartenere. Il più sorprendente in tutto ciò è la sua capacità a passare dal locale al nazionale.

Gli incontri che vedono affrontarsi due selezioni nazionali costituiscono un momento ideale per esprimere un’appartenenza territoriale. I giocatori che scendono in campo sono percepiti dal pubblico come gli ambasciatori di una nazione. Le competizioni sportive internazionali, tra cui appunto i Campionati europei e la Coppa del mondo, sono uno dei rari momenti dove si vedono sventolare le bandiere e dove risuonano gli inni nazionali.

Sventolino le bandiere
Oggi le bandiere sono in bella mostra anche sul viso dei supporter. "È un fenomeno abbastanza recente. Tra i collaboratori del MEG questo tema è stato pure oggetto di dibattito, poiché non siamo tutti della stessa generazione", constata Christian Delécraz, commissario dell’esposizione.

"Sono nato nel 1954. Alle elementari imparavamo l’inno nazionale e tutto finiva lì. Oggi non si impara più l’inno. Basta però una manifestazione sportiva e la gente si dipinge il viso e si veste coi colori del proprio paese per il tempo di uno spettacolo – perché rimane pur sempre uno spettacolo".

Agli occhi dell’etnologo e di chiunque ha un po’ di memoria storica tutto ciò non è anodino. "Bisogna rimanere prudenti con il patriottismo e col nazionalismo. Bisogna sempre ricordarsi le lezioni della storia. Ci possono facilmente essere delle derive", sottolinea Christian Delécraz.

Il gioco strumentalizzato
Intimamente associato alla construzione delle identità nazionali, il calcio è continuamente strumentalizzato a scopi politici, per affermare la grandezza di una nazione o di un regime, per proclamare la superiorità di un’ideologia o lottare per l’indipendenza.

Coppe del Mondo, Coppe europee, Coppe d’Africa o altri grandi eventi sportivi sono spesso utilizzati come vetrine politiche per mostrarsi, per affermare la propria autorità o per fare propaganda. Dittatori, generali e uomini di Stato – ma anche calciatori – lo hanno capito bene e si sono più volte impossessati del calcio per promuovere le loro ideologie.

Un esempio? Mussolini considerava lo stadio come uno spazio sociale da penetrare e da controllare. Con l’onnipresenza dei simboli fascisti durante la Coppa del mondo del 1934 in Italia, ha inscenato la grandezza del suo regime.

Il pallone è però stato utilizzato a fini propagandistici anche da alcuni calciatori. Nel 1956, in piena lotta d’indipendenza algerina, dei giocatori hanno boicottato il campionato francese, preferendo disputare delle amichevoli ai quattro angoli del pianeta con la maglia della squadra del Fronte di liberazione nazionale (FLN) e rappresentare così un’Algeria che ancora non esisteva come Stato.

Verso un futuro radioso
Dopo essere stato catalogato come "l’oppio dei popoli" alla stregua della religione, il calcio tende oggi ad essere considerato come un formidabile strumento di civilizzazione, che permette di raggiungere obiettivi nobili e ambiziosi come la riconciliazione tra i popoli, l’educazione delle nuove generazioni o la lotta contro la violenza.

I massimi dirigenti del calcio viaggiano nel mondo intero per predicare i meriti di questo sport, presentato come una scuola di vita e una sorta di farmaco universale.

Ma è veramente questo il ruolo del calcio? E chi approfitta di questa visione "umanista" del pallone? Il pianeta Terra… o i suoi governanti e le istituzioni che gestiscono questo sport? In definitiva non ci troviamo di fronte ad un’ennesima ed efficace strumentalizzazione?

swissinfo / ME

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