Bilanci e riflessioni sull’utilizzo del suolo pubblico al termine dei campionati europei di calcio.
Nelle settimane dell’EURO 08 neppure la festa decretata dalle municipalità ospitanti e l’euforia molto interessata dei gestori dell’evento hanno potuto mettere a tacere le contestazioni. Qualche autorità comunale, alcuni com mercianti e ristoratori e molti cittadini hanno deplorato l’arroganza dell’UEFA e degli sponsor principali nell’appropriarsi lo spazio pubblico. Certo gli organizzatori di eventi sportivi e musicali, nonché di grandi kermesse e feste di massa come la Street Parade, danno per scontato che la mano pubblica assicuri i trasporti e i dispositivi di sicurezza, repressione e soccorso. In qualche caso vi è una partecipazione finanziaria – più o meno simbolica – alle spese, segnatamente di pulizia delle strade. Ma mai come per Euro 08, che ha un fatturato di due miliardi alimentato soprattutto dai diritti televisivi, si è avuta l’impressione di una svendita della città a un’entità monopolistica e auto-referenziale come l’UEFA e agli sponsor.
Il sociologo e geografo urbano Christian Schmid, docente al Politecnico di Zurigo, ha criticato in due interviste alla «Neue Zürcher Zeitung» e a «Le Temps» una preoccupante tendenza alla commercializzazione dello spazio pubblico.
Il calcio resta una vacca sacra
A Zurigo la questione sui limiti della tolleranza nei confronti delle violenze politiche e sportive non ha dovuto attendere l’Euro 08 per scatenare un dibattito assai ideologico. Di fronte ai rituali di guerriglia urbana e di depredazione del cosiddetto post primo maggio militante dei rivoluzionari intransigenti del «Revolutionäre Aufbau», dei «Black Bloc», «Krawallanten», «Secondos» arrabbiati e turisti dello scontro di strada, l’UDC ha invocato l’abolizione del carattere festivo pagato della giornata dei lavoratori; il centro-destra sembra marciare compatto nel voler fare uno sgambetto alla sinistra rosso-verde, che non può che fallire nel tentativo d’isolare le frange estremiste che la combattono.
Da sinistra si ribatte che tanto varrebbe allora abolire le partite di calcio, che regolarmente degenerano in battaglie violente con danni ingenti. Ma si sa le carrozze ferroviarie e i tram demoliti regolarmente dai tifosi impressionano meno delle vetrine o delle automobili incendiate il primo maggio. La polizia che nel primo caso difende il sacrosanto ordine pubblico, nel secondo interverrebbe semplicemente contro i facinorosi. Il fatto è che, anche tra i tifosi, troviamo alla rinfusa estremisti di destra, skinhead, hooligan e ultras. Proprio i gruppi di ultras reclutano spesso i loro aderenti tra i «Secondos»; s’ispirano alle coreografie e agli slogan dei gruppi italiani ed esprimono un’appartenenza di quartiere e sotto-culturale focalizzata su un singolo Club, contro le squadre rivali della loro o delle altre città. Zurigo («Süd kurve » del FC Zurigo) e Basilea («Muttenzer Kurve» del FC Basilea) sono i baluardi di queste de generazioni organizzate e ritualizzate, ma il fenomeno interessa pure Berna, Ginevra, Lucerna e San Gallo (vedi i disordini a Bellinzona e San Gallo in occasione del recente spareggio).
Al di là degli eventuali aspetti penali, dei tentativi non molto riusciti di schedatura e prevenzione, dei divieti d’accesso agli stadi, vi è il problema della responsabilità delle società calcistiche, che generalmente assumono in proprio solamente la sorveglianza interna e non coprono le spese per l’intervento esterno delle forze dell’ordine.
Di fatto vi è una doppia morale nel punire i responsabili delle dimostrazioni a sfondo politico e nel tollerare più facilmente il tifo violento.
Il marketing cittadino
Le città, che ospitano avvenimenti a rischio come un mondiale o un europeo di calcio, devono gestire sul filo del rasoio il proprio marketing, l’invadenza di organizzatori e sponsor sempre più potenti e la mina vagante dei possibili disordini. Lo possono fare soltanto a livello sovra-cantonale e con l’aiuto della Confederazione e dell’esercito. Addirittura devono ricorrere alle polizie straniere, per le funzioni d’inte l-ligence e per i rinforzi sul terreno con reparti germanici e francesi. Si dirà che tutto ciò è ormai routine, se pensiamo al G8 di Evian – che mise sottosopra l’arco lemanico da Ginevra a Losanna – o al ritrovo annuale del WEF a Davos. Tutto sommato, nonostante tafferugli, feriti, col lassi e danni limitati, il bilancio è positivo per la polizia, che non è mai dovuta intervenire in forze.
Per le città ospitanti l’impegno milionario nella sicurezza era un presupposto per evitare derive indesiderate e ottenere un effetto pubblicitario positivo. Berna, portata dalla formidabile ondata olandese, se l’è cavata molto be ne e Basilea, grazie alle molte partite, assai bene; Zurigo e Ginevra non hanno raggiunto gli obiettivi troppo ottimistici della vigilia, ma se la sono cavata. Per il settore alberghiero delle Host Cities non è stato l’affare del secolo, ma mentre Berna, Basilea e Ginevra segnalano un aumento dei pernottamenti rispetto all’anno scorso a Zurigo sono addirittura in calo; idem per la ristorazione. Anche le aperture domenicali dei negozi si sono rivelate un fallimento. I Fan villages ha sofferto inizialmente per il maltempo, che ha provocato affluenze discontinue. Il Public-Viewing delle 16 Arene dell’UBS non sempre ha fatto il pienone e ha suscitato talvolta lo scontento di commercianti e ristoratori dei dintorni, come a Zurigo e Locarno. Per la Banca questo costoso diversivo dall’immenso calo di credibilità attua le avrà difficilmente un effetto vincente. Un buco nell’acqua è stato infine il gigantesco e estemporaneo «nono» stadio, eretto nella campagna basilese presso Liestal. Soddisfatte invece le FFS, che hanno fatto circolare 4000 treni supplementari.
Finita la sbornia è l’ora dei bilanci
Nelle città coinvolte, l’Euro 08 ha sicuramente accelerato il rinnovo degli stadi e l’aumento della loro capienza, ma ciò sarebbe potuto avvenire comunque come dimostrano gli esempi di Neuchâtel e San Gallo. Per quanto riguarda le ricadute sull’immagine a lungo termine nella competizione mondiale tra le città, l’Euro 08 non ha certamente l’impatto di un’Olimpiade o di un’Esposizione universale. Il volontarismo impresso per esempio dal sindaco socialista zurighese Elmar Ledergerber ha lasciato indifferenti taluni e ha suscitato la stizza di numerosi commercianti del quartiere Seefeld, scontenti della chiusura al traffico di alcune strade. La città, che ha investito 20 milioni, dovrà fare meglio la prossima volta.
Rimane la questione di fondo. La commercializzazione di grandi aree nei centri cittadini in occasione di simili eventi cozza contro un handicap fondamentale: favorisce organizzazioni poco democratiche come la FIFA o l’UEFA e i soliti sponsor mondiali, che occupano il palcoscenico e regolamentano fino all’inverosi mile ogni dettaglio. Fonte dei maggiori malumori è stato il monopolio sulla birra di Carlsberg Feldschlösschen. A Basilea tre ristoranti hanno circoscritto la lo ro zona «liberata» in riva al Reno e venduto la loro birra abituale; altri hanno lanciato con fierezza una risposta locale al diktat globale promovendo «Unser Bier». Significativo è il fatto che la piazza federale a Berna, unica zona senza pubblicità, sia diventata l’icona del tifo e della festa.
Per i cittadini e per i visitatori non si è creata una vera opportunità di scambio e di sperimentazione delle qualità urbane e culturali locali. A questo proposito, sono state proprio le manifestazioni culturali di contorno a naufragare per prime, in mancanza dei finanziamenti necessari. A Zurigo nel museo cittadino Helmhaus, la meritevole mostra «balls & brains», dedicata al calcio, è stata visitata soprattutto da tifosi con il bicchiere di birra in mano alla ricerca dei bagni.
Il fatto è che nelle città svizzere si assiste a uno sviluppo schizo frenico. Da una parte si tendono a negare le autorizzazioni a manifestazioni politico-culturali, che emanano da gruppi di cittadini, per il timore delle proteste di chi invoca la quiete pubblica. Per la prima volta a Zurigo si sono posti dei vincoli persino alla Street Parade, con l’obiettivo di frenare l’abuso di alcool. D’altra parte si offre invece lo spazio pubblico alle iniziative più gigantesche e apertamente commerciali.
Ironia della sorte, subito dopo che il popolo zurighese bocciava nettamente il progetto di un nuovo centro dei congressi sul lungolago, giudicato troppo invasivo, nella stessa zona si apriva la kermessed i Euro 08.
La società del controllo e del divertimento
Il geografo urbano Christian Schmid ritiene che la corsa al prestigio delle autorità svizzere vorrebbe far credere che un avvenimento come Euro 08 sia importante e duraturo nella competizione tra le città a livello mondiale. L’attrattività di un marchio cittadino è il risultato di diversi fattori fondamentali e della loro sinergia; una commercializzazione e banalizzazione eccessiva potrebbe piuttosto renderlo interscambiabile. Proprio l’UEFA ha dimostrato che l’arrogarsi una gestione privata dello spazio pubblico può essere con troproducente. È così diventata il deus ex machina e nel contempo il capro espiatorio di una politica che porta a (s)vendere la città al miglior offerente. Elmar Ledergerber scivola su questa contraddizione e considera che simili atteggiamenti danneggino i promotori e non le municipalità. In verità queste macchine omologate del divertimento del consumo e di fiumi di birra, più che tifo sportivo, sono soprattutto dei mega-party carnascialeschi, con il corollario degli infernali caroselli automobilistici (la Langstrasse zurighese vive lo stato d’eccezione permanente). Sono il prodotto di due mondi autosufficienti: quello dei gestori professionali dell’evento e degli organizzatori delle trasferte delle tifoserie, come hanno dimostrato gli olandesi. Durante il torneo le squadre restano rinchiuse nei loro ritiri dorati a cinque stelle; le partite diventano quasi uno spettacolo virtuale ed esclusivamente televisivo, davanti a una platea principalmente di V.I.P. e invitati d’onore. Siamo ben lontani dalla mitologia calcistica popolare del secolo scorso e dalla possibilità d’esperienze di massa arricchenti. Canalizzate e sorvegliate da un eccezionale dispositivo di polizia, rischiano di trasformare in norma generale il modus securitario dell’agire col lettivo. E ciò merita veramente una discussione senza paraocchi e opportunismi.
Sergio Agustoni